Una crociera

Una crociera (Feltrinelli 2000) è romanzo che rinuncia sia alla narrazione in prima persona (com'era Il talento) sia al narratore onnisciente di derivazione ottocentesca. Nello spazio chiuso di una nave che viaggia da Genova ad Ajaccio, a Malta, a Istanbul, quattro personaggi si incontrano e si legano in un rapporto sempre più stretto e in parte distruttivo. Si tratta di Guido Rizzi, clinico oculista famoso per aver descritto una terribile sindrome che porta alla cecità, il quale tenta con questa crociera di riaccendere il suo matrimonio (rimasto senza figli) con la moglie Chiara, molto più giovane di lui; Chiara, sebbene non si stia distaccando da lui come egli teme, è però profondamente segnata dalla noia di una vita che le appare priva di senso. Il terzo personaggio, che marito e moglie conoscono durante la crociera, è un insegnante di lettere in pensione, Giacomo Pancaldi, un vecchio timido e ingenuo, ma dal tenace ottimismo; il quarto personaggio invece è l'elemento destabilizzante del quartetto: Bruno Brancucci, un giovane intellettuale milanese, rampante e meschino, che prende a bersaglio l'indifeso Pancaldi, ma a poco a poco prende di mira sempre più apertamente il «curatore d'occhi», come tra sé sprezzantemente lo definisce. «Un quartetto feroce», ha detto Annette Kopetzki presentando il libro a Francoforte nel febbraio 2001, «che si accanisce in lunghe discussioni sfogandovi impietosamente frustrazioni e intime lacerazioni. Gli argomenti di tali discussioni, che occupano buona parte del libro, sono di natura estetica, scientifica e morale. Ma sotto la superficie levigata ed elegante di questi duelli verbali i personaggi si scambiano sempre più apertamente cattiverie e frasi aggressive». Bruno Brancucci decide di sedurre Chiara, non tanto perché ne sia innamorato, ma per affermare sé stesso di contro al suo antagonista Guido Rizzi. Questi dal canto suo esita ad accettare
lo scontro, preso com'è dall'amore tenace e irragionevole per la moglie, e vede la propria vita minacciata da quello stesso disordine che ai suoi occhi insidia la natura e vanifica la scienza.
     E davvero il disordine erompe all'improvviso nella spensieratezza della crociera, quando un ragazzino è colpito dalla cecità, e Guido Rizzi si scopre impotente a spiegarla e a combatterla. Col ragazzino cieco, una delle molte figure di contorno, emerge anche un altro tema importante del romanzo, quello della paternità. Il confronto doloroso e quasi senza parole tra Rizzi e il professor Peirè, padre del cieco, occupa ripetutamente l'attenzione dell'autore nell'ultima parte del libro.
     Sono tuttavia i soli quattro personaggi principali ad essere osservati dall'interno con la tecnica qui ormai generalizzata del discorso indiretto libero. Perfino i lunghi dialoghi non vengono riprodotti nella prospettiva oggi sempre meno accettabile del narratore onnisciente, ma in quella dell'osservatore occasionale, che è in genere uno dei partecipanti alla discussione. Può dunque accadere che un dialogo venga interrotto in un momento cruciale dalle divagazioni mentali di uno dei personaggi. A questa regola dell'assenza di un centro di osservazione non fa eccezione nemmeno l'autore effettivo: il suo resta un punto di vista tra gli altri, tanto da ridursi egli stesso a comparsa, come avviene alla fine del cap. 15° («Bruno Brancucci guardò in qua, proprio verso di me che racconto questa storia...»). Il romanzo non ha insomma un punto di vista privilegiato, e tutta l'abilità narrativa sembra consistere nel mantenere unità e linearità di svolgimento della storia pur nel continuo cambiamento prospettico. In nessun punto il racconto si fa sfumato o si confondono i fatti: il lettore è sempre in grado di seguire senza sforzo, ma anche senza doversi mai illudere che la storia che sta leggendo sia qualcosa di diverso e indipendente dai personaggi che la vivono e la fanno.

© 2019 Cesare De Marchi

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