saggi - testo 2

Ma chi risolve interamente in letteratura la vicenda del conte Fieschi, facendo di lui un vero personaggio, è Retz.
     Sulle prime non è facile cogliere che cosa distingua la sua dall'opera di Mascardi, che ne è, come abbiamo già accennato, la fonte immediata. Esteriormente infatti la struttura è nei due casi la stessa: distese pagine espositive, dense di considerazioni storico-politiche, dalle quali man mano emergono in grandi blocchi oratorii le figure umane principali. Se però si osservano più da vicino i due testi, subito se ne misura la distanza concettuale e formale. La cosa riesce tanto più sorprendente in quanto l'aderenza di Retz alla sua fonte è spesso così letterale da potersi chiamare una traduzione. In realtà però fin dalla pagina di apertura lo scrittore francese conduce un sottile e incessante gioco di contrapposizione al testo di Mascardi: per l'uno Genova respirava dalle passate miserie e i suoi cittadini avevano imparato la concordia, per l'altro la condizione della repubblica pare felice ma manca di saldezza e nei cuori dei cittadini vanno germinando i semi dell'odio lasciati dalle precedenti divisioni; per l'uno la congiura è stata frutto di mene straniere che facevano leva sulla naturale ambizione di una nobiltà non infrenata da leggi severe, per l'altro essa non è che lo scoppio violento di vecchi rancori tra nobili e popolo, e tra nobili e nobili; la stessa figura di Andrea Doria è da Retz censurata, anche se le viene riconosciuta una considerevole abilità politica. In questo atteggiamento di Retz pesa forse più il suo essere francese che «l'equanimità dello storico» alla quale egli si appella nelle ultime righe dell'opera. […]
     Ma ritorniamo al confronto con Mascardi. La differenza non si limita infatti alla sola interpretazione dei fatti: tutto il modo di procedere dei due autori, quella che chiamerei la dinamica del loro testo, è radicalmente diversa. L'italiano, anche là dove ragiona e argomenta, narra: ogni sua considerazione, politica o etica o storica, è un tratto di pennello che va a completare e illuminare le linee opulente della sua pittura; il francese, anche quando narra, non depone mai l'abito del logico politico: il suo periodare ampio e complesso, fortemente ipotattico, si spinge come una lama attraverso l'intrico delle definizioni e partizioni, delle opposizioni e confutazioni, e taglia sicuro fino alla conclusione cercata. Si ha spesso l'impressione che Retz ami mettere, tra sé e Mascardi, la lente correttiva di Machiavelli, e non è certo difficile riconoscere nelle sue pagine riferimenti al Principe o al capitolo dei Discorsi sulle congiure (III, 6). Il soggetto vi si prestava, e poi la vita politica della Francia dei due cardinali, nella quale Retz intraprese la sua rischiosa carriera, era forse una specie di corollario effettuale alla dottrina del principato. Tutta l'impostazione ideale della Conjuration è intrisa di machiavellismo: la discussione quasi esclusivamente tecnica dei mezzi per conseguire la gloria e il potere, l'esame circostanziato dell'opportunità e dei benefici della simulazione, la valutazione delle diverse misure prese per l'esecuzione della congiura, sono tutti elementi che ricordano nel contenuto, se non nella forma, la maniera del segretario fiorentino. La concisione e il vigore ellittico di Machiavelli sono tuttavia profondamente estranei alla floridezza sensuale e puntigliosa della prosa secentesca di Retz, il cui stile non ha niente di nervoso e d'irregolare, niente di inaspettato, ed è invece largo e di architettura solenne, simile a un fiume che si divide in tanti rami minori e poi torna a raccoglierli in un solo corso turgido e lento. Le frasi principali si dirompono in relative e causali, fanno ansa nei gerundi, si riscuotono con lo scandito ritmo binario delle comparative e consecutive, tornano a sé arricchite di implicazioni e di sfumature. La forma compositiva che ne risulta ha meno della narrazione che del saggio; l'esposizione indugia volentieri nel generale, nel definitorio, che viene potenziato di concretezza rappresentativa dalle maestose similitudini; si concede a intervalli la sentenza gnomica, e solo allora affronta il particolare per illuminarlo e insieme giudicarlo. Retz si muove insomma già autorevolmente nella direzione dei grandi moralisti francesi del suo secolo quali La Rochefoucauld, suo coetaneo e nemico (l'autore delle Massime tentò tra l'altro di ammazzare l'autore delle Memorie, nelle quali l'episodio si legge), e poi Pascal, Bossuet, La Bruyère.
     I personaggi, la cui presentazione è ― come in Mascardi ― affidata essenzialmente ai loro stessi discorsi diretti, ruotano tutti intorno al protagonista, il conte Fieschi. Anche in Retz egli tace a lungo, ascoltando le allocuzioni di coloro che si contendono il suo consenso: ma il numero di queste allocuzioni è qui radicalmente ridotto rispetto a Mascardi, le meno importanti venendo o rapidamente riassunte o senz'altro abolite; soprattutto però Retz non compie l'errore di abbandonare la psicologia del suo protagonista ai pallidi riflessi che occasionalmente le gettano gli altri personaggi, la scruta invece fin dall'inizio con nitido acume: «ambizioso, ardito e intraprendente, menava a quel tempo in Genova una vita assai contraria alle sue inclinazioni naturali». Il suo carattere è, in nocciolo, tutto qui: il resto ne deriva quasi per via di deduzione, che l'autore trae punto per punto con rigore e lucidità di raziocinio: «Essendo appassionatamente amante della gloria e non avendo occasioni per acquistarne, non pensava che al modo di farne nascere». L'introspezione è così costituita dalla rappresentazione dei pensieri, e non dei sentimenti e degli impulsi del personaggio, a conferma dell'andamento argomentativo della prosa dell'autore. «Tutte queste considerazioni», può concludere questi a fil di logica, «mettendo in cuore a Gian Luigi Fieschi la disperazione d'ingrandirsi nel servizio della patria, gli fecero abbracciare il partito di abbattere la potenza della famiglia Doria». Lo abbiamo già osservato: Retz è più ragionatore che narratore. Ma l'effetto raggiunto con questi mezzi non è meno potente.


(Splendori e miserie letterarie della congiura dei Fieschi, Introduzione a Jean-François-Paul de Gondi, Cardinale di Retz, La congiura del conte Gian Luigi Fieschi, Sellerio, Palermo 1990, pp. 26-29; © Cesare De Marchi)

© 2019 Cesare De Marchi

> Imprint
> Data Protection

Contact - Email

Language